Pane e cotechino caldo a ferragosto – proprio quando la Pianura Padana è fustigata da un’appiccicosa arsura ai limiti della sopportazione -, accompagnati da lambrusco ovviamente. Potrebbe sembrare l’indizio di un colpo di sole, di senescenza galoppante e masochismo latente, oppure, come nei fatti è, il rituale profano che caratterizza da tempo immemore l’Antichissima Fiera delle Grazie. Il borgo omonimo, situato a pochi chilometri da Mantova nel territorio di Curtatone, è particolarmente noto per il santuario in stile gotico lombardo dedicato all’Assunta, situato in posizione suggestiva proprio dinnanzi alle acque paludose del Mincio, poco prima che queste s’allarghino circondando per tre lati il capoluogo gonzaghesco.
Com’è caratteristico della morfologia della bassa lombarda, siamo in un contesto terracqueo, con tratti naturalistici fluviali sovente battuti da piccole imbarcazioni a scopo turistico. Nel mezzo, a far da spartiacque metaforico tra la sacralità del tempio votivo e la prosaicità gastronomica della sagra popolare, c’è l’altrettanto noto incontro nazionale dei madonnari, che si declina regolarmente in una gara d’abilità per artisti del gessetto, giungenti alle Grazie per dare conto del proprio talento da ogni parte del mondo.
In realtà le tre peculiarità della fiera mariana – religiosa, ludica ed artistica – si rivelano perfettamente integrate e funzionali, nella prospettiva di perpetuare nel tempo una tradizione partecipata, altrove adata perduta. In fondo anche l’edificio sacro, con il suo curioso coccodrillo appeso al soffitto, con gli ex voto ed i manichini in cartapesta sottotitolati con metope indicanti le tipologie di grazia ricevuta, rappresenta un prezioso esempio di manifestazione fideistica ancestrale, forse addirittura in grado di testimoniare – nelle peculiarità taumaturgiche – la presenza in loco di culti precristiani. Anche lo scrivente ricorda con particolare piacere quando, in calzoni corti, restava a bocca aperta e sguardo rivolto all’insù, nell’atto stupefatto di rimirare il rettile penzolante. Similmente al bestiario mostruoso scolpito nelle gargolle delle cattedrali gotiche d’Europa, anche il coccodrillo delle Grazie, probabilmente, è lì a testimonianza del monito contro il maligno, caratteristico della visionaria fede medievale. Forse trattasi di un ingrandimento, ottenuto coi mezzi dell’epoca, della serpe schiacciata dal piede della Vergine.
Ovviamente il culto mariano, qui così evidente, non lascia indifferenti – se non altro per una pertinenza etimologica – i numerosi madonnari che nottetempo impreziosiscono di effimere raffigurazioni il sagrato dell’ampio piazzale prospiciente la chiesa. L’iniziativa, riconducibile all’estro poliedrico di Dino Villani, risale ai primi anni ’70, quindi ad un periodo di reazione nei confronti del modernismo, testimoniato dalla diffusione dell’arte naif e dal tentativo di storicizzare le usanze contadine anche attraverso una inedita sensibilità ambientalista. Le opere, destinate ovviamente alla naturale consunzione, spaziano da codici interpretativi tradizionali a talaltre di gusto maggiormente sperimentale, comunque sempre connesse a riferimenti religiosi. Tant’è lo spettacolo pittoresco offerto dai maestri del gessetto si estende, oltre alla rappresentazione iconografica, anche al folclore caratteristico degli artisti di strada, conferendo così alla manifestazione un carattere attrattivo internazionale.
Tornando all’insaccato di maiale, che l’immaginario collettivo non locale tenderebbe a relegare nella stagione invernale, è davvero piacere unico ed irrinunciabile, a maggior ragione il 15 d’agosto in una zona dove gli allevamenti suinicoli e le produzione alimentari connesse non temono rivali; valutando estremamente fuori luogo gli esotismi delle “feste del pesce di mare” in Pianura Padana, a bilanciare saggiamente la deriva balneare si erge sovrano proprio il tipico cotechino, povero di titoli stellati culinari, ma in compenso assai ricco di storia e di gusto.
D’altronde se è vero che del maiale non si butta via niente, altrettanto vero che in nessun altro contesto come quello ferragostano, alle Grazie, risulta imprescindibile testarne l’intrinseca veridicità.