Viva Catalogna Libera
L’enorme manifestazione di riconoscenza della Nazione Catalana al temerario Presidente Carles Puigdemont Casamajo il quale ha indetto, per il primo ottobre prossimo, un nuovo plebiscito avente ad oggetto l’indipendenza della Catalogna, trova fondamento non tanto i termini di ideologie di partito ma piuttosto in una serie di questioni economiche.
Nell’area catalana si concentra il maggior numero di imprese (oltre 600 mila), si registra il maggior numero di occupati ed il P.I.L. di Barcellona, che nel 2016 è cresciuto del 3,5% (cioè tre decimi in più di quello spagnolo), incide maggiormente su quello nazionale. Un report del governo catalano precisa che il prodotto interno lordo del 2015 della sola Catalogna era simile a quello dell’intera Finlandia. Barcellona, così come Regione Lombardia nel 2007, ha insistentemente chiesto al governo centrale di avere più autonomia fiscale, ma senza trovare nessun tipo di accordo reale e dovendo versare nonostante tutto le tasse a Madrid. Leggendo attentamente le rimostranze poste dal governo catalano al governo centrale, sembrerebbe che Regione Lombardia si trovi in una situazione di perfetta comunanza.
In verità, i catalani lamentano un residuo fiscale (la differenza tra tutte le entrate che le pubbliche amministrazioni prelevano dal determinato territorio e le risorse che in quel territorio vengono spese) di 8 miliardi di euro mentre la Lombardia ha un residuo fiscale con lo Stato italiano per ben 56 miliardi.
La nuova consultazione ufficialmente referèndum d’autodeterminació de Catalunya, dopo quella simbolica tenutasi il 9 novembre del 2014 che non venne riconosciuta né dal Governo di Madrid né dalla Corte Costituzionale perché giudicata illegittima nonostante la vittoria dei “sì” all’indipendenza con oltre l’80% dei voti, riporta fatalmente l’attenzione sul principio dell’autodeterminazione dei popoli come espressamente specificato nel decreto di convocazione del referendum. Principio in base al quale i popoli hanno diritto di scegliere liberamente il proprio sistema di governo (autodeterminazione interna). Proposto durante la Rivoluzione francese, tale principio implica la considerazione dei diritti dei popoli in contrapposizione a quella degli Stati intesi come apparati di governo. Ed ecco emergere la questione che affligge maggiormente la realizzazione del referendum: il potenziale conflitto con la concezione tradizionale della sovranità statale e dell’integrità territoriale.
Nel periodo di preparazione al voto permangono insistentemente voci critiche sull’aspetto formale della votazione; infatti al centro dell’attuale contesa legale tra governo catalano e governo spagnolo c’è una legge approvata dal Parlamento catalano il 6 settembre, la “Ley del referéndum de autodeterminaciónvinculantesobre la independencia de Cataluña” che, come suggerisce il nome, è stata pensata per essere vincolante: in caso di vittoria del sì le autorità catalane dovrebbero dichiarare unilateralmente l’indipendenza della Catalogna; in caso di vittoria del no dovrebbero indire nuove elezioni. Contrariamente la Costituzione italiana vigente prevede solamente la possibilità di indire un referendum consultivo sull’autonomia di Regione Lombardia.
A differenza della Spagna il governo centrale di Roma, è attualmente trincerato dietro ad un silenzio di rassegnazione accompagnato da una totale assenza di informazione da parte della stampa nazionale, alimentando così interpretazioni maligne sulla contrarietà e sull’inutilità del voto lombardo. La posizione estranea e ambigua delle stampa periodica relativamente al primo e forse più significato appuntamento politico del 2017, sembrano porre seri dubbi sull’iniziativa plebiscitaria favorendo “il partito dell’astensionismo” e tentando di minare alla base la buona riuscita del voto popolare. In secondo luogo ci si interroga su un problema di ordine istituzionale: in che modo un governo nazionale può riconoscere legalmente l’autonomia di una Regione? Un plebiscito mal riuscito equivarrebbe mostrare al mondo l’esito imbarazzante di una rivoluzione voluta e sostenuta da pochi e ostacolata e denigrata da molti.
Il motivo che sembra spiegare tanto allarmismo e resistenza è che l’essenziale accentramento statale che ha portato soprusi e ingiustizie, è arrivato al capolinea. I costanti riferimenti al passato glorioso e al mantenimento dello status quo sono prova dei continui rimproveri e del malessere dei cittadini. Conclusioni più che logiche sono le proposte rivoluzionarie e pragmatiche dei pochi coraggiosi in grado di proporre un’alternativa realizzabile e di una dolorosa presa d’atto della necessita di ridurre le prevaricazioni economiche, sociali dello Stato nazione ai danni delle Regioni maggiormente produttive, che finora si è imposto nell’immaginario collettivo come l’incarnazione della coesione e della ritrovata unità nazionale.
Sui plebisciti per l’indipendenza della Catalogna, così come per quello autonomistico lombardo, silente sono l’Unione Europea ed i singoli Stati che la compongono. Diversamente dal referendum scozzese per il quale le istituzioni europee erano palesemente avverse. Tale consultazione, tuttavia, non rivestiva semplice valore consultivo ma era tale da sconvolgere i confini degli Stati ottocenteschi con le loro prerogative. Questa appare la paura che dimostrano il governo di Madrid così come quello centralista italiano: dopo il referendum consultivo che ha sancito la Brexit non c’è più da affidarsi ai popoli sovrani. Troppi rischi, troppa la paura che in massa scelgano di autodeterminarsi e di mantenere le proprie risorse sul territorio. Nessuno è in grado di prevedere lo scenario che si profila in Catalogna dopo il primo di ottobre così come in Lombardia dopo il successivo 22 ottobre, ma lo scontro sulla legittimità e sulla legalità di quel momento è inevitabile.
L’economia è cambiata e non è più possibile immaginare che popoli laboriosi e produttori di ricchezze accettino di spogliarsi così pesantemente di risorse a favore di altri e diversi territori che pare sfruttino la circostanza. Il mondo è cambiato ed il vento di novità che spira porta alla sospensione della libertà, ad arresti di cittadini e di rappresentanti di essi, perquisizioni e ad atti autoritari di forza contro la democrazia.
Forte è il legame tra la Catalogna e la Lombardia in termini di istanze autonomiste e legami di cooperazione sociale ed economica. Entrambe partecipano, sin dal 1988 all’istituzione europea dei territori più industrializzati: “I 4 motori d’Europa” unitamente alla Regione francese del Rhône-Alpes e quella tedesca del Baden-Württemberg.
Piena solidarietà si rivolge alla nazione catalana, pienamente convinti che il diritto all’autodeterminazione dei popoli così come sancito sin dal trattato di Versailles del 1919, poi ed oggi riconosciuto dal Diritto Internazionale sarà sempre la stella polare per il genere umano.